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“Il mito del grande O.” Articolo sull’orgasmo femminile scritto dalla dott.ssa Guidi e dal dott. Petrini per la rivista PharmaMed

DALLE FANTASIE ALL’ORGASMO: PERCHE’ E’ INDISPENSABILE “SPEGNERE” LA RAZIONALITA’ 
Nell’immaginario femminile sembra circolare il mito dell’orgasmo: chimera irraggiungibile e misteriosa quando latita, fiore all’occhiello che contraddistingue le più fortunate quando facile da raggiungere… Quasi fosse un oggetto che hai o non hai, uno status symbol. Per chi fatica a raggiungerlo, concepirlo così non può essere che dannoso, in quanto nei momenti di piacere, anziché assaporare l’attimo presente e le sensazioni che il corpo trasmette, il pensiero del “grande O.” impedisce di lasciarsi andare, di perdere il controllo, incrementando l’ansia da prestazione femminile.
L’ISTRUZIONE PER RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO…E’ DI NON AVERLO O DI NON PENSARCI?
 
Se qualcuno ci chiede di non pensare a un elefante rosa, impossibile obbedirgli proprio nell’istante in cui ce lo domanda… Quindi, che fare? Invece di imporci di non pensare, si potrebbe provare con qualcos’altro: le fantasie. Elementi opposti al pensiero razionale e al ragionamento basato sulla realtà e pertanto attivanti aree cerebrali opposte a quelle legate alla razionalità.
Più ci si dimentica del “devo”, dell’obiettivo di raggiungere l’orgasmo, più questo può travolgere inaspettatamente la femmina, che sarà allora serafica e non pensante
LE FANTASIE: OGNUNO HA LE PROPRIE
Impossibile istruire il lettore su quali adottare: si tratta di un ambito estremamente personale dove tutto è concesso. Potenzialmente è possibile fantasticare su immagini infinite, ognuno deve imparare a conoscersi e sapere cosa lo stuzzica di più. C’è chi con disagio sospetta che la propria fantasia preferita sia patologica… In ambito mentale, per arrivare a definire se un pensiero, un’emozione o una fantasia siano patologici o meno occorre chiedersi, oltre all’intensità con cui questi si manifestano, anche il significato che hanno per noi, ossia la cornice mentale nella quale li concepiamo. Questo si chiedono per esempio terapeuta e paziente in caso di dubbi di questo tipo all’interno di una seduta sessuologica. Ma in generale è bene ricordare la fondamentale distinzione tra pensiero e azione: fantasticare di essere presa con violenza non significa che si è sadiche o che si sarebbe felici di essere stuprate nella realtà.
CONOSCERE IL PROPRIO CORPO
Non può esistere un manuale delle zone erogene, se non una trattazione assai generica e grossolana, poiché siamo tutti diversi. Una zona corporea piacevolmente sensibile per qualcuno può provocare un fastidioso solletico in un altro. È fondamentale che ciascuna sappia molto bene che tipo di stimolazione, di quale durata e in quale punto preciso di differenti parti del corpo provochi piacere. L’unico modo per raggiungere una tale conoscenza di sé è provare, sperimentare, in primis attraverso le proprie mani o in un gioco di esplorazione con il partner. In ogni caso occorre poi insegnare senza timore al partner ciò che si è scoperto, come piace essere toccate – se preferite, invece, potete tenere per voi le vostre fantasie – in una dimensione giocosa e mai di pretesa esigente o critica.
IL PIACERE VIVE NEL PRESENTE
Il piacere ha bisogno di allontanare pensieri ed emozioni disturbanti, si nutre di fantasia e conoscenza profonda del proprio corpo e arriva a noi quando percepisce che non pretendiamo da lui un orgasmo: il momento del piacere è pertanto il presente. Quando il passato irrompe con ricordi sgradevoli – un vecchio trauma o una brutta mattinata lavorativa – o il futuro si intrufola con aspettative pressanti, il piacere si defila e vi da appuntamento a quando sarete pronte per mettere a tacere le vostre aree cerebrali più “intelligenti” ed evolute, a quando sarete pronte per essere come piccoli “rettili irrazionali”. L’esperienza del piacere è un momento di perdita di controllo. È un amalgama di sensazioni potenti, per lo più fisiche, che distolgono dal controllo cosciente di ciò che accade nella realtà circostante e dal pensiero razionale che coinvolge le aree cerebrali più evolute a favore dell’attivazione del complesso R, il “cervello rettiliano”, la parte più antica dal punto di vista evoluzionistico  (P.D. MacLean, 1985).
Alcuni blocchi nel raggiungimento del piacere possono essere legati a traumi di una certa importanza e/o a una percezione distorta, molto negativa del proprio corpo o di se stessi. In questi casi, quando ci sono connessioni con problematiche legate all’autostima e al senso di sé, può essere d’aiuto un percorso psicoterapeutico.

Dott. Petrini Alessandro

Il dottor Alessandro Petrini è Psicologo, Psicoterapeuta e Sessuologo Clinico. Si è specializzato in Psicoterapia Cognitiva a Torino